Il termine depressione non identifica una singola malattia, ma una famiglia di disturbi dell’umore che investono la sfera affettiva e cognitiva di una persona, che si manifestano con un ampio ventaglio di sintomi e che derivano da cause molteplici e complesse. La diagnosi viene eseguita dopo un’attenta valutazione clinica e in ogni caso non è sempre facile capire che tipo di depressione affligga il paziente: non basta un semplice esame del sangue. Almeno, non ancora.
In base a una ricerca pubblicata su PNAS, i pazienti colpiti da una particolare forma di depressione – il disturbo depressivo maggiore – hanno più bassi livelli, nel sangue, di una molecola cruciale per il cervello, chiamata acetil-L-carnitina. La scoperta potrebbe servire a mettere a punto, un giorno, criteri diagnostici più rapidi e precisi.
Che cosa succede quando manca. L’acetil-L-carnitina è un composto prodotto naturalmente dal corpo umano che ricopre importanti funzioni neuroprotettive e antiossidanti. Favorisce l’espressione di alcuni geni, come quelli che controllano la produzione del glutammato, uno dei principali neurotrasmettitori dell’organismo. Il deficit di acetil-L-carnitina contribuisce a sintomi depressivi nei topi, e alcuni studi hanno dimostrato che una sua integrazione può aiutare ad alleviare, nei roditori, i comportamenti tipici dei disturbi dell’umore.
Un indicatore attendibile. Un team di scienziati della Rockefeller University e della Stanford University School of Medicine (USA) ha analizzato i livelli della molecola in campioni di sangue di pazienti con disturbo depressivo maggiore. In questi pazienti, i livelli di acetil-L-carnitina risultavano significativamente più bassi rispetto ad individui della stessa età e senza depressione. Chi aveva quantità molto ridotte della molecola risultava colpito da forme di depressione più gravi e più resistenti ai trattamenti, aveva più probabilità di essersi ammalato in giovane età e di avere una storia di traumi infantili alle spalle.
La quantità di acetil-L-carnitina potrebbe quindi diventare un marcatore biologico attendibile per l’identificazione di questa forma di depressione, insieme ad altri criteri diagnostici. Ora che la sostanza è nel mirino si potrà studiare con maggiore precisione come interagisca con i neurotrasmettitori e quale effetto abbia sul comportamento umano. Infine, forse, dopo questa molecola si potrebbero individuare altri marcatori chiave implicati negli squilibri chimici tanto importanti nella genesi della malattia. Un piccolo ma importante passo, per una condizione diffusa e complessa.